Si è scatenata una bufera sull’O.U.A. (Organismo Unitario Avvocatura Italiana), al congresso nazionale forense tenutosi a Genova, il ministro Alfano, con coraggio ha dato il benservito “alla casta”, che aveva presentato in materia di mediazione civile e commerciale proposte indifendibili, come quella, di ottenere l’obbligo di difesa alle parti in mediazione e l’abolizione della obbligatorietà in materia di mediazione. Il ministro Alfano, molto garbatamente nella forma ma polemico, giustamente, nella sostanza, ha consegnato alla platea dei duemila avvocati presenti (meno dell’1% degli iscritti) un messaggio molto chiaro ed inequivocabile: “non sono più ammissibili demagogie”.
La mediazione civile non si tocca, dunque, sarebbe stato un segnale molto forte di sfiducia per i cittadini “ancora una volta ha vinto la casta” – avrebbero detto, e in tempi di crisi come questa non ci sarebbero state più quelle garanzie sufficienti a scongiurare una vera e propria rivoluzione civile, per gli alti costi di giustizia che i cittadini avrebbero dovuto affrontare. Il consenso su questa legge si fa largo, il solo spot pubblicitario ha portato il picco percentuale di avvii di procedure conciliative ad un aumento molto sostanzioso si parla di oltre 20% di litigiosità che non arriverà sul tavolo del giudice ordinario. Al contrario c’è da sperare che i cittadini e successivamente i giudici ordinari, per le nuove domande giudiziali, controllino, chiamando di persona le parti a comparire, per capire se sono state rispettate le regole del rilascio dell’informativa, si dice che alcuni professionisti “i soliti furbetti” fanno firmare sì l’informativa ma contemporaneamente fanno firmare all’ignaro cittadino anche una rinuncia alla conciliazione. Sarebbe una cosa molto sgradevole e non deontologicamente sana se, una parte dovesse smentire avanti ad un giudice ordinario, così come già successo, “ l’avvocato non mi “ha informato” a dovere sulla conciliazione.
Quello che sta succedendo nella classe forense fa riflettere, perchè mentre da un lato pretendono adeguata professionalità dei conciliatori, dall’altro non si rendono conto che sono proprio gli avvocati ad essere designati per competenze specifiche a dirimere le controversie. Questo fa capire che all’interno dell’avvocatura c’è uno scontro in atto tra i grossi studi di avvocati civilisti e i giovani avvocati. E’ evidente la contrapposizione, dice il presidente dell’A.N.P.A.R. – Associazione Nazionale per l’Arbitrato e la Conciliazione dott. Giovanni Pecoraro, sono tanti gli avvocati/conciliatori che sono entusiasti di aver intrapreso questa nuova attività, più in particolare le donne. Questi nuovi professionisti dal 20 marzo 2010, data di entrata in vigore del D.Leg.vo n. 28, hanno capito le coincidenze fortunate che offriva la neo-legge in materia di opportunità di lavoro professionale. Come mai, questo è accaduto! solo a partire dal 20 marzo? Perchè, afferma Pecoraro – vi è stato, da parte “della casta” un attentato contro il diritto degli avvocati a conoscere come stavano realmente le cose. Prima di questa data l’istituto della conciliazione esisteva di già ed anche in forma obbligatoria: è da quando è entrato in vigore il citato decreto che i giovani avvocati non sprovveduti o deviati hanno capito la reale importanza di una legge che risolve in breve tempo a costi zero una lite. Si diceva e lo si è detto fino alla vigilia del congresso di Genova che la “media-mediazione” avrebbe fatto la fine della mediazione obbligatoria in materia di lavoro. In questi ultimi mesi si è assistito a sceneggiate patetiche scioperi contro se stessi, ricorsi al TAR contro una legge liquidata con parere favorevole del Consiglio di Stato e per ultimo di minacce di “incatenamenti”, cose che non incantano più nessuno, così come non hanno incantato quegli avvocati (oltre 120 mila) che si sono dedicati con profitto a questa nuova professione di conciliatore professionale.
Dico ancora di più, con questa legge è stato allargato ulteriormente il ventaglio di occasioni professionali; non più solo avvocato ma: conciliatore, arbitro, negoziatore, consulente di parte nel procedimento di mediazione, C.T.U. e per ultimo con l’entrata in vigore del D. M. 180 del 4 novembre 2010 anche la possibilità di esercitare l’attività di docenza in materia di risoluzione di controversie in materia civile e commerciale.
Ma quale tutela di difesa ai cittadini? I cittadini hanno detto basta, da tempo ai “classisti” e se qualcuno paventa “incatenamenti” mettendo da parte anche quel poco di dignità professionale rimasta, sappia che da parte dei cittadini ci sarà una richiesta “referendaria” anche Europea per il mantenimento ed il potenziamento del nuovo istituto giuridico sulla mediazione. Ho chiesto da tempo l’estensione della obbligatorietà per la tutela di tutti i diritti disponibili dei cittadini.
La mia piena solidarietà al ministro Alfano, che al congresso era andato per portare delle proposte ed al contrario ha ricevuto solo strumentali proteste, restituite al mittente.
La mediazione civile non si tocca, dunque, sarebbe stato un segnale molto forte di sfiducia per i cittadini “ancora una volta ha vinto la casta” – avrebbero detto, e in tempi di crisi come questa non ci sarebbero state più quelle garanzie sufficienti a scongiurare una vera e propria rivoluzione civile, per gli alti costi di giustizia che i cittadini avrebbero dovuto affrontare. Il consenso su questa legge si fa largo, il solo spot pubblicitario ha portato il picco percentuale di avvii di procedure conciliative ad un aumento molto sostanzioso si parla di oltre 20% di litigiosità che non arriverà sul tavolo del giudice ordinario. Al contrario c’è da sperare che i cittadini e successivamente i giudici ordinari, per le nuove domande giudiziali, controllino, chiamando di persona le parti a comparire, per capire se sono state rispettate le regole del rilascio dell’informativa, si dice che alcuni professionisti “i soliti furbetti” fanno firmare sì l’informativa ma contemporaneamente fanno firmare all’ignaro cittadino anche una rinuncia alla conciliazione. Sarebbe una cosa molto sgradevole e non deontologicamente sana se, una parte dovesse smentire avanti ad un giudice ordinario, così come già successo, “ l’avvocato non mi “ha informato” a dovere sulla conciliazione.
Quello che sta succedendo nella classe forense fa riflettere, perchè mentre da un lato pretendono adeguata professionalità dei conciliatori, dall’altro non si rendono conto che sono proprio gli avvocati ad essere designati per competenze specifiche a dirimere le controversie. Questo fa capire che all’interno dell’avvocatura c’è uno scontro in atto tra i grossi studi di avvocati civilisti e i giovani avvocati. E’ evidente la contrapposizione, dice il presidente dell’A.N.P.A.R. – Associazione Nazionale per l’Arbitrato e la Conciliazione dott. Giovanni Pecoraro, sono tanti gli avvocati/conciliatori che sono entusiasti di aver intrapreso questa nuova attività, più in particolare le donne. Questi nuovi professionisti dal 20 marzo 2010, data di entrata in vigore del D.Leg.vo n. 28, hanno capito le coincidenze fortunate che offriva la neo-legge in materia di opportunità di lavoro professionale. Come mai, questo è accaduto! solo a partire dal 20 marzo? Perchè, afferma Pecoraro – vi è stato, da parte “della casta” un attentato contro il diritto degli avvocati a conoscere come stavano realmente le cose. Prima di questa data l’istituto della conciliazione esisteva di già ed anche in forma obbligatoria: è da quando è entrato in vigore il citato decreto che i giovani avvocati non sprovveduti o deviati hanno capito la reale importanza di una legge che risolve in breve tempo a costi zero una lite. Si diceva e lo si è detto fino alla vigilia del congresso di Genova che la “media-mediazione” avrebbe fatto la fine della mediazione obbligatoria in materia di lavoro. In questi ultimi mesi si è assistito a sceneggiate patetiche scioperi contro se stessi, ricorsi al TAR contro una legge liquidata con parere favorevole del Consiglio di Stato e per ultimo di minacce di “incatenamenti”, cose che non incantano più nessuno, così come non hanno incantato quegli avvocati (oltre 120 mila) che si sono dedicati con profitto a questa nuova professione di conciliatore professionale.
Dico ancora di più, con questa legge è stato allargato ulteriormente il ventaglio di occasioni professionali; non più solo avvocato ma: conciliatore, arbitro, negoziatore, consulente di parte nel procedimento di mediazione, C.T.U. e per ultimo con l’entrata in vigore del D. M. 180 del 4 novembre 2010 anche la possibilità di esercitare l’attività di docenza in materia di risoluzione di controversie in materia civile e commerciale.
Ma quale tutela di difesa ai cittadini? I cittadini hanno detto basta, da tempo ai “classisti” e se qualcuno paventa “incatenamenti” mettendo da parte anche quel poco di dignità professionale rimasta, sappia che da parte dei cittadini ci sarà una richiesta “referendaria” anche Europea per il mantenimento ed il potenziamento del nuovo istituto giuridico sulla mediazione. Ho chiesto da tempo l’estensione della obbligatorietà per la tutela di tutti i diritti disponibili dei cittadini.
La mia piena solidarietà al ministro Alfano, che al congresso era andato per portare delle proposte ed al contrario ha ricevuto solo strumentali proteste, restituite al mittente.