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Avvocati nei guai per non aver ottemperato all’obbligatorietà dell’esperimento del tentativo di conciliazione per le materie entrate in vigore il 20 marzo 2011.Il presidente del tribunale di Prato (vedi nostra news  di due giorni fa)  Dott. Francesco Antonio Genovese, ha alleggerito la posizione dell’avvocato che ha presentato  direttamente  un domanda giudiziale  per una materia obbligatoriamente conciliabile, risultato:   le parti sono state invitate  a trovarsi un organismo per il tentativo obbligatorio di conciliazione. Irrilevante è stata da parte dell’avvocato l’esibizione della “famosa informativa”  fattasi firmare del cliente, valida solo per le materie e per la tutela di diritti disponibili non rientrante fra quelle previste dall’art. 5 del D.Leg. 28/2010. Anche per queste “informative” quando verranno al “nodo” ed al vaglio del giudice nasceranno guai seri, staremo a vedere come l’avvocato  giustificherà al proprio cliente  il mancato componimento conciliativo  che poteva essere fatto a costo zero. C’è da dire che il presidente del Tribunale, nei confronti di questo avvocato poco propenso alla mediazione, è stato molto benevole.  Secondo  il parere del presidente dell’A.N.P.A.R. (Associazione Nazionale per l’Arbitrato & la conciliazione), l’avvocato, forse,  ha commesso il reato di patrocinio infedele  delitto sanzionabile  ai sensi dell’articolo 380 n. 1 c.p. in quanto  ha tenuto una condotta del patrocinatore irrispettosa dei doveri professionali, stabiliti per fini di giustizia a tutela della parte assistita ed, in secondo luogo, un evento che implichi un nocumento agli interessi di quest’ultimo, inteso non necessariamente in senso civilistico di danno patrimoniale, ma anche nel senso di mancato conseguimento dei beni giuridici o dei benefici di ordine anche solo morale, che alla stessa parte sarebbero potuti derivare dal corretto e leale esercizio del patrocinio legale. Nella specie, continua Pecoraro, l’avvocato si  è reso responsabile di una condotta sicuramente irrispettosa dei doveri professionali, consistita nella consapevole omissione di non esperire il tentativo di conciliazione  obbligatorio per la materia trattata, così determinando nocumento alla parte assistita, correttamente individuato nella perdita da parte del patrocinato di ogni possibilità di far valere le proprie ragioni in conciliazione. In questa fase, continua Pecoraro, una cosa è certa, che  il cliente  può  già chiedere all’avvocato il risarcimento danni  causato, c.d.,  per la mancata conciliazione, per la perdita di tempo e per li rimborso delle spese di giustizia anticipate oltre la revoca del mandato a suo tempo firmato.