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Tribunale ordinario di Firenze
Sezione III civile
Sentenza 21 aprile 2015
N. R.G. 91365/2010

TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE
Terza sezione CIVILE

VERBALE DELLA CAUSA
tra
A SRL
PARTE ATTRICE
e
B SCRL
PARTE CONVENUTA

Oggi 21 aprile 2015 ad ore 13.09 innanzi al dott. Alessandro Ghelardini, sono comparsi:

Per A SRL l’avv. -_____

Per B SCRL l’avv. ________

Sono altresì presenti ai fini della pratica forense i dott. _____ e ________

Il Giudice invita le parti alla discussione.

I procuratori delle parti discutono la causa, riportandosi agli atti e rinunciano a presenziare alla lettura della sentenza, allontanandosi.

Il Giudice all’esito della Camera di Consiglio pronuncia ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA

dandone lettura.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La A SRL ha proposto opposizione avverso il D.I. n. 492/10 R.I., sezione distaccata di Empoli, con cui la stessa è stata ordinata del pagamento in favore della B SCRL dell’importo di € 22.800,53 oltre interessi commerciali, a titolo di corrispettivo di lavori edili eseguiti in appalto.

A fondamento dell’opposizione la stessa ha eccepito l’errato computo del credito, la non corretta esecuzione dei lavori, ed il ritardo nella ultimazione degli stessi, allegando di aver sofferto danni conseguenti. Ha quindi opposto in compensazione il proprio credito risarcitorio, e chiesto la revoca del D.I. con riduzione del debito alla minor somma di € 8.223,96. .

B ha resistito alla opposizione, chiedendone il rigetto con conferma del D.I., ovvero con condanna al pagamento dell’importo già ingiunto.

La stessa ha contestato la fondatezza degli addebiti e la sussistenza degli asseriti danni.

Il procedimento, già incardinato presso la sezione distaccata di Empoli, è stato istruito con prova per testi ed in via documentale.

A seguito della soppressione ex lege della Sezione Distaccata, la causa è stata trasferita presso la sede centrale ed assegnata a questo Giudice (provv. Presidenziale 4.12.2013).

All’udienza 3.6.2014 l’ufficio ha disposto procedersi a mediazione delegata nel termine di gg 15 ai sensi dell’art. 5, II co., D. Lgs. N. 28/2010 e successive modifiche.

Con nota depositata il 10.11.2014 parte opposta ha comunicato di aver attivato tempestivamente il procedimento di mediazione, ma che ad esso, malgrado i numerosi rinvii della sessione all’uopo fissata, la A non aveva partecipato.

All’udienza 20.11.2014 parte opposta ha eccepito la improcedibilità dell’opposizione.

Le parti hanno precisato le conclusioni come da verbale dell’udienza 18.12.2014 e la causa è passata in decisione a seguito di discussione orale, previo deposito di note autorizzate.

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1) La mancata partecipazione alla mediazione della parte opponente – l’improcedibilità

Nella fattispecie è pacifico che, a seguito dell’invio in mediazione disposto dall’ufficio ai sensi dell’art. 5, II co. D. Lgs 28/2010 e s.m.i., ed alla attivazione del relativo procedimento ad iniziativa di parte opposta, l’opponente non ha partecipato, neanche a mezzo del suo difensore, ad esso.

Deve pertanto essere valutata la conseguenza sotto il profilo processuale di tale mancanza.

La disposizione citata prevede che “… il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione ed il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello”.

Va premesso in punto di diritto, circa le conseguenze del mancato esperimento della mediazione nei procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo, che questo giudice aderisce all’orientamento

secondo cui, in caso di mediazione omessa in procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, la sanzione dell’improcedibilità di cui al citato art. 5, II co., non va a colpire la pretesa creditoria azionata in via monitoria, bensì la stessa opposizione, con conseguente irrevocabilità del D.I. (in tal senso vedi sent. 30.10.2014, pubblicata su vari siti giuridici on line ed il cui percorso argomentativo appare superfluo ripercorrere, e le altre decisioni di merito ivi citate).

Come argomentato in tale provvedimento “…tale tesi interpretativa è l’unica che, sotto il profilo sistematico, si armonizza con i principi generali in materia di effetti della inattività delle parti nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e che valorizza la stessa ratio deflattiva del procedimento di mediazione”

Nè d’altra parte elementi ermeneutici decisivi sono ricavabili dal disposto di cui all’art. 5, IV co. D. Lgs. Citato che, nella diversa, ancorchè concettualmente affine, materia della mediazione obbligatoria ante causam, esclude l’esperimento di tale incombente “nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanza di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione”.

Il senso di tale norma è chiaramente quello di posticipare, ove la controversia riguardi materia per cui in via generale sarebbe necessario effettuare la mediazione ante causam (cause in materia di proprietà, diritti reali, locazione, contratti bancari ecc. cfr art. 5, I co. bis D. Lgs. citato), tale incombente “nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione” alla fase successiva a quella di emissione dei provvedimenti ex artt. 648 e 649 c.p.c..

Tale elemento testuale è talvolta valorizzato a sostegno della tesi di coloro che propendono per porre l’onere della mediazione a carico del creditore opposto, in quanto attore sostanziale, e ciò perché la suddetta disposizione non avrebbe inteso dispensare il ricorrente in monitorio dall’onere di esperire la mediazione, ma ha solo differito tale incombente alla fase successiva alla emissione dei provvedimenti sulla provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo.

Ad avviso di questo giudice il rilievo, pur suggestivo, non è fondato.

La medesima disciplina è infatti prevista anche per la proposizione dell’opposizione a D.I. (“… inclusa l’opposizione…”) atto che, ovviamente, ben può contenere mere difese del convenuto sostanziale e non necessariamente implica la proposizione di domanda sostanziale (riconvenzionale).

Se la intenzione del legislatore fosse stata quella di onerare senza eccezioni l’attore sostanziale il richiamo al giudizio di opposizione sarebbe del tutto incongruo.

Nessuno avrebbe infatti potuto dubitare che l’opponente, quale convenuto sostanziale, era soggetto dispensato dall’onere di esperire la mediazione prima di proporre l’opposizione.

Né d’altra parte tale norma può ritenersi applicabile all’opponente solo in caso in cui questi proponga domanda riconvenzionale (e sia, quindi attore in riconvenzionale). Diversamente, infatti, ciò sarebbe stato senz’altro espressamente chiarito.

In conclusione, si reputa che il contenuto di cui al comma IV dell’art. 5 non possa fornire indicazioni univoche e decisive in punto di individuazione della parte onerata all’esperimento della mediazione nel procedimento per opposizione a decreto ingiuntivo.

Va invece ribadito che, come è stato recentissimamente osservato, con la tesi che qui si avversa, si porrebbe a carico dell’ingiungente, “in contrasto con le regole processuali proprie del rito, l’onere di coltivare il giudizio di opposizione per garantirsi la salvaguardia del decreto opposto, con ciò contraddicendo la ratio del giudizio di opposizione che ha la propria peculiarità nel rimettere l’instaurazione del giudizio – e quindi la sottoposizione al vaglio del giudice della fondatezza del credito ingiunto – alla libera scelta del debitore, unico soggetto in effetti interessato a che il giudizio addivenga ad una sentenza di merito” (in questo senso, da ultimo, Tribunale di Nola 24.2.2015).

Il punto non merita ulteriore approfondimento, anche perché di per sé la stessa parte opponente non contesta la correttezza di tale opzione ermeneutica.

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Tanto premesso in relazione alla individuazione della parte onerata ad esperire il procedimento di mediazione nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, e venendo alla presente fattispecie, si pone pertanto il problema di valutare se in concreto possa dirsi assolta la condizione di procedibilità dell’opposizione, non avendo parte opponente, pur ritualmente invitata, partecipato ad esso.

La risposta è negativa.

In proposito l’analisi, che mira a sancire un principio di diritto di validità generale dell’istituto della mediazione e che non è limitato agli angusti ambiti del procedimento di cui all’art. 645 e ss c.p.c., deve muovere dal disposto del citato art. 5, comma II bis del D. Lgs. N. 28/10, così come introdotto dal DL 69/13 conv. Nella L. 98/13, secondo cui la condizione di procedibilità della domanda giudiziale “si considera avverata se il primo incontro avanti al mediatore si conclude senza l’accordo” .

Ad avviso di questo giudice il “primo incontro” cui allude la suddetta disposizione, non può che essere quello delle parti, cioè di tutte le parti del giudizio, avanti al mediatore.

D’altra parte, come bene evidenzia la difesa di parte opposta, come già affermato da questo Tribunale nella sentenza 19.3.2014 (giudice dott.ssa BREGGIA) al primo incontro di fronte al mediatore deve non solo procedersi ad opera del mediatore ad una attività informativa circa la funzione e la modalità della mediazione, ma anche effettuarsi una vera e propria attività di mediazione di merito sulle questioni oggetto di lite, salva la facoltà delle parti di non procedere oltre nella mediazione, ove non sia raggiunto accordo al primo incontro.

Invero, diversamente argomentando, ed assumendo che il primo incontro possa avere mera funzione informativa, il processo civile verrebbe a subire un intralcio per l’espletamento di un incombente meramente burocratico e rituale, senza cioè lo svolgimento di alcuna mediazione, unica attività che può dare alle parti una concreta chance di definizione transattiva della controversia.

Segue da quanto sopra che la parte che ha interesse ad assolvere la condizione di procedibilità ha l’onere di partecipare al primo incontro avanti al mediatore.

Invero, se al primo incontro le parti possono raggiungere l’accordo, come si evince a contrario dalla disposizione citata, è evidente che esse devono prima di tutto partecipare ad esso.

Ovvio che la mancata partecipazione alla mediazione della parte convenuta non potrà avere alcuna rilevanza ai fini della procedibilità della domanda attorea, non potendo certo la parte diligente subire un pregiudizio per la mancata collaborazione di quella che non ha interesse.

Ciò peraltro non esclude che la parte onerata ex lege, e cioè l’attore nei procedimenti ordinari, e secondo l’orientamento cui si aderisce, la parte opponente nelle opposizione a decreto ingiuntivo ovvero l’appellante nell’appello, abbia in ogni caso l’onere di partecipare al primo incontro avanti al mediatore.

Ciò non solo quando, come di solito accade, la stessa abbia promosso tale procedimento, ma anche quando lo stesso sia stato in concreto attivato dalla controparte.

D’altra parte, la condizione di procedibilità è legata all’esperimento del procedimento di mediazione, giusto il disposto della disposizione in argomento.

“Esperire una procedura” non equivale ad avviarla, bensì a compiere tutto quanto necessario perché la stessa raggiunga il suo esito fisiologico, che nel caso della mediazione coincide, quantomeno, con il primo incontro avanti al mediatore e, se anche l’altra parte compare, con l’avvio dell’effettiva attività mediatoria.

Né d’altra parte a diversa conclusione può giungersi valorizzando il disposto di cui all’art. 8, comma IV bis del D. Lgs. Citato, secondo cui “dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’art. 116, II co., c.p.c.. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’art. 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio”.

Ad una prima lettura, in effetti, tale disposizione sembrerebbe escludere che alla mancata partecipazione di una parte al procedimento possa seguire la sanzione della improcedibilità.

Le conseguenze sarebbero infatti solo quelle previste da tale norma, con riflessi quindi sfavorevoli sotto il profilo probatorio (ex art. 116 c.p.c.) e con applicazione della sanzione pecuniaria (in questo senso, recentissimamente, Trib. Taranto ord. 16.4.2015 – dott. CASARANO).

Ad avviso di questo giudicante, peraltro, tale disposizione, alla luce della ratio della sanzione della improcedibilità e della efficacia deflattiva dell’istituto, va invece letta nel senso che essa sia applicabile esclusivamente nei confronti della parte che non è onerata ex lege, sotto comminatoria di improcedibilità, all’esperimento della mediazione.

La logica dell’istituto, finalizzato a favorire una soluzione conciliativa della controversia con evidenti vantaggi deflattivi per il sistema giudiziario, è chiaramente, nel senso di onerare chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero propone opposizione a decreto ingiuntivo, ovvero appello, non solo a promuovere la mediazione, ma anche a partecipare al relativo procedimento al fine di rendere possibile un accordo tra le parti in quella sede.

In caso di mancata partecipazione alla mediazione della parte che ha l’onere di esperire il procedimento mediatorio non sarebbe ragionevole ritenere applicabili le sole sanzioni di cui all’art. 8 citato.

Si renderebbe cioè possibile alla parte onerata di assolvere alla condizione, assicurando la procedibilità della propria domanda, semplicemente attivando il procedimento e non mediante “l’esperimento” dello stesso.

In conclusione va quindi sanzionato con l’improcedibilità il comportamento della parte onerata ex lege che, a prescindere dalla attivazione o meno del procedimento da parte sua, non lo coltiva non comparendo al primo incontro avanti al mediatore.

Richiamato il principio di diritto di cui in premessa, va pertanto dichiarata l’improcedibilità dell’opposizione.

Resta assorbita ogni questione di merito.